Me
Quell'anno Grace Kelly sposava il principe Ranieri di Monaco, i carri armati sovietici tentavano di spegnere negli ungheresi il desiderio di autonomia, e io sono nato.
Dai jukebox si ascoltava "The Great Pretender" dei Platters e Little Richard già da alcuni mesi imperversava con "Tutti Frutti", ma credo che in campagna, a metà degli anni cinquanta, arrivasse solo l'eco sfumata di questi ritmi.
I contadini, tanti, stavano occupando le nuove periferie urbane e lasciavano i campi, trasformandosi in operai e bottegai. Per i miei non fu diverso. Ci spostammo - di un chilometro, letteralmente - dalla campagna alla nuova casa in periferia di Ravenna. Avevo quasi due anni.
Solo un chilometro davvero, ma comunque una distanza abissale. La famiglia patriarcale del nonno ("larga" per necessità di lavoro) verso la moderna convenzione (babbo, mamma e figli tre); dai tempi dettati dalle necessità della stalla e dalle stagioni, a quelli scanditi dalla sirena della fabbrica (la mitica Callegari&Ghigi!); niente fuoco nell'enorme camino, ma il riscaldamento centralizzato e la televisione, il maestro Manzi e Angelo Lombardi "l'amico degli animali" e Carosello.
Nonostante le nuove "comodità", era un passo mica facile. Mio babbo ha continuato per sempre a sognare la "terra", senza mai abbandonarla davvero e per poi tornarci quando era ormai in pensione. Ho fatto le elementari sentendomi ancora un bambino di campagna, e spesso in difficoltà con quelli di città (borghesucci ...).
In casa pochi libri. A parte quelli di scuola, ricordo una sorta di agenda che mia mamma conservava con cura, ad ogni giorno corrispondevano consigli domestici e una ricetta: la sua trippa alla fiorentina l'ha imparata lì.
Una volta che ero a letto, malato, mia nonna mi portò un libro (ma come le sarà venuto in mente?) aveva la copertina illustrata, coloratissima, era la fiaba dell'asino che fa monete d'oro invece della cacca (ah, ah!).
Da adolescente ho percorso in lungo e in largo le stanze della biblioteca Ponti-Rava che aveva gli scaffali aperti e i libri li potevi toccare, e scegliere prima del prestito: così ho scovato "Furore" e "Cent'anni di solitudine" nella prima edizione di Feltrinelli, ma anche "Graziella" di Ercole Patti che il suo bel contributo ha dato all'agitazione ormonale del periodo.
Negli anni settanta - viva la riforma scolastica - sono stato dei pochi tra i miei parenti e l'unico della mia famiglia (per quella generazione) che ha avuto la possibilità di andare all'università! (Il che mi ricorda l'Avvelenata di Francesco Guccini che così ha cantato : "chiedo tempo, son della razza mia, per quanto grande sia, il primo che ha studiato...").
Per via di quei treni che passano e che devi (vuoi) prendere al volo: nel 1977 ho iniziato a lavorare in una libreria che poi ho diretto dal settantotto al novantasei. Per diciotto anni; succedeva nel secolo scorso.
All’arrivo del nuovo millennio stavo facendo il freelance, cioè fornivo consulenze professionali a chi, libraio di fatto o nelle intenzioni, desiderava mettere mano al proprio progetto imprenditoriale.
Questo perché negli anni precedenti ero diventato bravo con i numeri della gestione libraria. Avevo seguito passo, passo la strabiliante crescita dell’informatica applicata in libreria. Avevo sostenuto e, nel mio piccolo, contribuito alla straordinaria storia di Libris, il primo software per gestire “a titoli” l’assortimento librario, pensato e realizzato da un sognatore-imprenditore come Libero Casagrande.
A dirlo oggi fa sorridere, ma negli anni ottanta c’erano librai, anche molto autorevoli, che osteggiavano pesantemente l’introduzione dei computer in libreria (e intanto le giacenze eccessive e gli indici di rotazione insufficienti – con i tassi bancari a due cifre - già facevano saltare le librerie) e c'erano editori che si rifiutavano di mettere il codice a barre in copertina per questioni “estetiche”.
Dato che “cambiare” era diventato il mio verbo preferito, sono approdato prima allo sviluppo della nascente rete di librerie di Mondadori Franchising e poi alla GDO dove i librai non esistono, i libri sono un po’ maltrattati e i clienti pensano più spesso ad altro, ma dove il reparto vende quasi il venti per cento della produzione editoriale italiana. Qui sono ora.
All’università, a Venezia, ho avuto la fortuna di incontrare docenti come Italo Zannier e Guido Guidi che mi hanno raccontato del bello di scattare fotografie. E, sin da bambino, curiosavo e guardavo spesso mia mamma muovere le mani in cucina. Sono tutt’ora queste, con la lettura, il cinema e la musica, le mie passioni che insufficientemente ma ostinatamente, coltivo.